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Quando il Personal Branding uccide

In occasione dell’anniversario della morte di Marilyn Monroe, 5 agosto 1962, vorrei dedicare un articolo alternativo sul personal branding a questa meravigliosa quanto indimenticabile icona di bellezza e talento.

Senza troppe presentazioni, Marilyn è stata attrice, modella, cantante e produttrice cinematografica statunitense ed è diventata un simbolo indelebile nelle menti di ognuno di noi oltre che oggetto del desiderio di intere generazioni. Complice della sua immortalità è stata anche la sua precoce e tragica fine, avvolta, come per altre star molto amate, da un’aurea di mistero che accompagna testimonianze e dettagli, mitizzandone la scomparsa.

Marilyn Monroe è stata forse la prima diva identificata come “sex symbol” e, volente o nolente, anche lei ha dovuto fare personal branding nel corso della sua carriera, con la differenza che allora questa pratica di “self-marketing” veniva semplicemente chiamata “curare la propria immagine”, “essere all’altezza delle aspettative” e via dicendo.

Sì. Anche un’artista come la Monroe aveva bisogno di promuoversi, sgomitare, apparire sempre al meglio e lavorare sulle sue abilità e doti per fare carriera e conquistare parti più ambite di quelle che riceveva all’inizio, quando ancora non era l’icona che oggi tutti conosciamo.

Marilyn Monroe appena diciannovenne, in una delle sue prime apparizioni nella rivista Yank del 1945

Il suo aspetto da “bellona bionda” l’ha fatta faticare non poco per emergere dalle ripetute parti da “oca sexy” e, per dimostrare il suo talento in interpretazioni più profonde e costruite, ha dovuto aspettare anni.

Anni di fatica, lavoro e “personal branding”

1. Brand naming  >  sensualità, femminilità e stile

La prima nota da fare è il nome… forse non sapevate che il vero nome di Marilyn Monroe era Norma Jeane Mortenson. Solo grazie al suggerimento del regista Ben Lyon con il quale firmò nel 1946 il suo primo contratto cinematografico venne proposto un nome d’arte. Inizialmente era stato proposto di utilizzare “Carole Lind”, ispirandosi a Carole Lombard e Jenny Lind (attrice bellissima la prima e celebre cantante la seconda) ma infine decisero di usare il nome da nubile della Madre di lei “Monroe”. Il nome “Marilyn” invece fu scelto perché si riteneva che la pronuncia e la doppia “M” generassero un suono sensuale.

2. Skill training  >  lavoro su se stessi, studio, pratica…

Per affinare le proprie doti recitative Marilyn studiò all’Actors Lab di Hollywood, seguì corsi e recitò in diversi teatri e pellicole minori, a volte come comparsa, a volte anche solo prestando la voce per una centralinista. Per impostare al meglio il suo timbro vocale nella dizione e nel canto, prese lezioni da Fred Karger, musicista e compositore figlio d’arte.

3. Personal Brand image  >  aspetto, awareness e qualche aiutino…

L’attrice, dotata di un’incredibile bellezza naturale, ha posato per tanti fotografi che hanno diffuso la sua immagine su riviste e pubblicità fino a far arrivare delle foto a Emmeline Snively, direttrice della più importante agenzia pubblicitaria di Hollywood, la “Blu Book School of Charm and Modeling”. La stessa direttrice le fece schiarire i capelli, le insegnò come sorridere e quale tonalità della voce utilizzare. Spinta da un fotografo per cui posò invece si sottopose ad alcuni piccoli ritocchi di chirurgia plastica (al naso e al mento) per ammorbidire ulteriormente il suo aspetto.

Vittima della propria immagine

Consolidate oltre che la sua bellezza anche le sue doti artistiche, Marilyn visse, intorno agli anni ’50, un decennio di fama e gloria internazionale come pochi eguali che la vide vincitrice nel 1954 del premio “Henrietta Award” ai Golden Globe come “migliore attrice del mondo”.

Purtroppo però essere sempre perfetta in ogni occasione, ad ogni sguardo, in ogni apparizione, l’ha resa col tempo vittima della sua stessa “magia”.
Gli ultimi anni della sua vita, complicati anche dalle diverse relazioni amorose, intraprese con uomini “difficili” o impossibili, la iniziarono a un percorso autolesivo, viziato da dipendenza dall’alcol e psicofarmaci antidepressivi. La sua bella presenza e il suo fascino venivano sempre più turbati da un’aurea malinconica, triste e infelice.

La sua meravigliosa giovinezza all’inizio, la carriera invidiabile, il successo e la bellezza dei suoi migliori anni, videro in poco tempo la caduta nell’oblio, sempre più profondo, fino al ritrovamento – tragico ma sempre d’effetto come solo un’icona sexy come Marilyn può permettersi – del suo corpo morto e nudo, con in mano la cornetta del telefono, nella sua camera da letto.

Oggi anche io, come molti altri nel mondo, voglio ricordare una delle persone più amate e riconosciute al mondo e, per farlo, userò una delle scene più famose che l’ha immortalata nel cinema e nei nostri cuori…

 

Brand Strategy Consultant & Brand Identity Designer for Startup & PMI

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