Molti imprenditori nel corso della loro attività perdono ore, soldi e salute per far sì che la propria attività aumenti il fatturato, batta la concorrenza o sopravviva alla crisi e per farlo ripiegano sull’elemento forse più conosciuto del marketing: la pubblicità.
Quello che in pochi sanno è che c’è una pubblicità che nasce automaticamente nel momento in cui nasce la propria azienda e si sviluppa al suo interno in modo del tutto spontaneo ed economico. Sto parlando dei dipendenti. Guai a chi pensa di essere salvo perché lavora da solo! Tutti vengono coinvolti da questo meccanismo, anche il singolo, senza nessuna eccezione.
Cosa c’entrano i dipendenti con la pubblicità?
Può sembrare strano ad alcuni, ma gli elementi umani che compongono un’azienda non sono solo elementi di produzione ognuno col proprio compito, bensì sono portavoce, testimoni e ambasciatori della stessa azienda per cui lavorano e che involontariamente rappresentano.
Se entrassimo in un negozio e i commessi ci parlassero male dei prodotti o ci raccontassero delle loro spiacevoli condizioni di lavoro o, molto più semplicemente, se esprimessero – anche solo con il linguaggio del corpo – malcontento e infelicità, difficilmente compreremmo qualcosa perché saremmo condizionati da queste “influenze negative” nonostante queste non c’entrino assolutamente niente con il prodotto!
Questo esempio vale principalmente per chi lavora direttamente a contatto con i clienti – vedi commessi, commerciali, venditori, promoter, receptionist, ecc – ma va a evidenziare come la “forma” batta la “sostanza”. Ogni buon venditore infatti sa molto bene che il sorriso è un ottimo alleato per il successo nel proprio lavoro, a prescindere da ciò che vendono.

Apro una parentesi su questo punto perché ci tengo a ribadire un concetto che è fondamentale nel branding:
“Per il successo di un brand l’elemento più importante non è il prodotto”
Puoi progettare e promuovere il miglior prodotto mai esistito sulla terra, ma se lo vendi in una confezione rovinata, con un aspetto poco affidabile e sbuffando mentre lo proponi al cliente, puoi pure dire addio a ogni speranza di concludere positivamente l’affare…
Magari stai pensando «grazie al cavolo», ma non bisogna mai dare per scontata l’apparenza!
Per approfondire questo concetto leggi l’articolo “Il brand fa l’abito e il monaco“.
Come trasformare i dipendenti in buona pubblicità?
Partendo dal presupposto che questo meccanismo di pubblicità è assolutamente spontaneo e inevitabile, tanto vale sfruttarlo a vantaggio della nostra attività.
Per farlo la soluzione è far sì che i dipendenti diventino “Brand Ambassador” (definizione poco sotto).
Quali sono gli ingredienti di questa strana “ricetta”? Semplice: prendi i tuoi dipendenti e li fai mantecare finché non diventano ambassador (lo capisci dalla doratura di entusiasmo e dalla loro spontanea propositività nei confronti della loro azienda). Lasci riposare per un po’ di tempo e… voilà, vedrai lievitare la reputazione e la percezione del tuo brand aumentandone il valore. (Se non sai perché è importante aumentare il valore del tuo brand leggi i “5 motivi per fare branding e fatturare di più“).
A parte gli scherzi…
…uscendo dalla metafora culinaria entriamo nel dettaglio e cerchiamo di capire meglio la formula analizzando gli elementi che ho nominato:
Il brand ambassador – termine che piace sempre di più e che viene sempre più utilizzato nel mondo del marketing moderno – è una figura che non ha ancora una definizione precisa. Nella grande confusione viene definito brand ambassador:
- chi rappresenta un brand nelle veci di testimonial;
- chi fa pubblicità in stand, punti vendita, temporary shop e fa da promoter;
- chi fa da portavoce positivo, opinion leader o influencer della comunità;
- chi spontaneamente, anche senza scopo di lucro, si prodiga per il bene del brand con azioni di “marketing genuino”, che vanno dal passaparola a organizzare eventi per i fan.
Per me:
“un brand ambassador è letteralmente un ambasciatore, ovvero una persona che, per lavoro o per passione, si fa promotore del brand con l’obiettivo di portargli vantaggio”
Un esempio positivo dove si evince una “strategia brand ambassador” efficace è il caso Apple (foto sopra e in testa):
1 – I dipendenti ricevono un’alta preparazione formativa tanto che sono visti dal pubblico come dei “guru”. Questo espediente ha tra i vari obiettivi quello di generare energia positiva e sicurezza nel lavoratore che si sentirà all’altezza di affrontare ogni situazione e di conseguenza accrescerà la sua autostima.
2 – Ogni nuovo dipendente viene accolto dai colleghi con un applauso. Questo comportamento accresce la sensazione che lavorare per quel brand è motivo di complimenti al pari di un premio.
3 – I dipendenti che lavorano in Apple Store hanno una divisa che principalmente consiste in una t-shirt blu con il marchio della mela bianca posta al centro del petto. Questo elemento estetico serve a creare compattezza visiva e cameratismo come se si trattasse di una vera e propria squadra a tutti gli effetti. Inoltre essendo un indumento comodo e informale aiuta gli stessi dipendenti a porsi coerentemente con la filosofia aziendale.
Come potrete facilmente dedurre i 3 punti sopra descritti sono solo alcune delle tecniche applicate per trasformare un semplice dipendente in un ambasciatore positivo del proprio brand.
Perché ho detto “ambasciatore positivo”?
Perché i dipendenti orgogliosi ed entusiasti di lavorare per l’azienda, oltre che lavorare meglio e in modo più produttivo, daranno un ottimo esempio ai colleghi, contageranno il cliente con la loro passione, parteciperanno attivamente alle attività di marketing come sulle pagine social e, se si trovassero a parlare di lavoro fuori dall’ambiente lavorativo, ne parlerebbero bene facendo pubblicità spontanea positiva ad amici, parenti e conoscenti.
Qualora i dipendenti invece fossero scontenti, infelici e non si sentissero rispettati dall’azienda, saranno i primi a non voler rispettare il proprio brand lavorando poco o male, minando la qualità e le vendite del prodotto/servizio offerto, generando una customer experience negativa così come sarà negativa anche la pubblicità che faranno con chiunque incontrino dal vivo o su internet.
Qual è in conclusione la pubblicità migliore per qualità prezzo? Quella fatta direttamente o indirettamente dai nostri dipendenti “felici”.
Come renderli felici è tutta un’altra storia, ci sono tante strategie di management, tecniche di team building, employee engagement activities e molto altro.
Attenzione ad agire senza una strategia ben studiata con tecniche improvvisate come distribuire aumenti “come se non ci fosse un domani” a ogni vostro dipendente… vi farebbe correre il rischio di rimanere gli unici tristi dell’azienda!